I vescovi del Perù tolgono il loro appoggio alla congiura per destituire Pedro Castillo, il maestro di strada divenuto presidente (Irina Smirnova)

Un colpo di Stato si sta preparando in Perù per calpestare la volontà popolare che ha eletto Pedro Castillo come Presidente: “Con l’inganno giudiziario e le molestie dei media mainstream stanno cercando di rovesciarlo. Chiediamo alle organizzazioni sociali e popolari della Nostra America di essere vigili e di non permettere una nuova dittatura in Perù. Forza fratelli e sorelle peruviani”, hanno denunciato in un comunicato le Rondes Campesinas del Perù.

L’elezione di un maestro di strada alla guida della straordinariamente bella nazione andina, aveva interrotto una lunga serie di golpe bianchi e l’avvicendamento di ben 4 diversi presidenti in 5 anni, tutti stati destituiti con il voto del Parlamento.

In effetti dopo Alberto Fujimori (condannato per delitto contro l’umanità dopo la sterilizzazione di massa della popolazione india) tutti i presidenti della Repubblica sono andati a processo, chi accusato di corruzione, chi di riciclaggio di denaro (uno, Alan García, si è sparato mentre gli notificavano l’ordine d’arresto, due anni fa). L’ultimo, Martin Vizcarra, molto popolare tra i peruviani, è stato destituito d’ufficio dal Parlamento a novembre 2020 per “incapacità morale”, perché sospettato di aver intascato tangenti, ed è ancora in attesa di un processo (i magistrati hanno respinto la richiesta di detenzione preventiva). Vizcarra ha dovuto anche difendersi dall’accusa di aver ricevuto prima di altri il vaccino (cinese) contro il Covid-19, una “corsia preferenziale” fruita non soltanto dall’ex presidente (e dalla sua famiglia), ma anche da diversi funzionari governativi, tra i quali anche il ministro degli Esteri, Elizabeth Astete, che perciò si è dimessa. «Non è tollerabile che nel mezzo di una crisi simile la carica pubblica venga utilizzata per guadagno personale.

Una instabilità indotta per via giudiziaria che rischia di continuare con le accuse (e le manifestazioni) indotte dagli oligarchi (le grandi famiglie possidenti) contro Pedro Castillo.

La Conferenza episcopale peruviana (Cep), presieduta da mons. Miguel Cabrejos, arcivescovo di Trujillo, ha prima mostrato accondiscenza verso questo piano eversivo tanto da sollecitare le dimissioni del presidente socialista. Poi si è ricreduta ricevendo nella propria sede Pedro Castillo Terrones e alcuni membri del Consiglio dei Ministri, “preservando così una tradizione di dialogo istituzionale, tra lo Stato peruviano e la Chiesa cattolica, che c’è sempre stata con tutti i Presidenti del Perù”, hanno spiegato i vescovi in una nota. Un incontro che giovedì è avvenuto “in un momento molto difficile della vita democratica peruviana”. Una situazione cui fa riferimento, implicitamente, la nota dei vescovi: “Il Santo Padre, riaffermando il suo apprezzamento per il Perù, ha dato al Presidente della Repubblica un appuntamento a Roma, che non ha potuto tenersi per i noti motivi”.

In questo quadro “si è svolto l’incontro odierno, di natura istituzionale, che si è tenuto in un clima di cordialità, con la preoccupazione per il Bene Comune del nostro amato Perù”.
Attraverso Twitter, il Presidente della Repubblica ha dichiarato: “Ringrazio il presidente della Conferenza episcopale, mons. Miguel Cabrejos, per aver mantenuto un dialogo aperto e sincero, in cui prevalgano i valori democratici, che sono i pilastri per rafforzare la governabilità e dimostrare che, con unità e rispetto, possiamo andare avanti”.

All’incontro hanno partecipato, oltre al presidente Castillo e al presidente della Cep, mons Cabrejos: a nome dell’episcopato mons. Robert Prevost, secondo vicepresidente della Cep, mons. Norberto Strotmann, segretario generale, e padre Guillermo Inca, vicesegretario; a nome del Governo, Aníbal Torres, presidente del Consiglio dei Ministri, César Landa, Ministro degli Affari esteri, Alejandro Salas, ministro del Lavoro, Félix Chero, ministro della Giustizia, Roberto Sánchez, ministro del Commercio estero e turismo e Willy Huertas, ministro dell’Interno.

Castillo è stato costretto in poco più di un anno ad avvicendare 5 premier e ha spiegato questa ingovernabilità con le trame eversive dell’opposizione spalleggiata – come in Brasile con Lula – da giudici compiacenti che addirittura gli hanno impedito di partite per incontrare il Papa a Roma.

Riferendosi all’opposizione nel Congresso, Castillo ha detto che fin dall’inizio del suo governo, poco più di un anno fa, aveva chiesto all’assemblea legislativa un dialogo e un accordo, ma questa aveva un’agenda diversa, quindi d’ora in poi lavorerà “con il popolo e le sue organizzazioni”.

La Central Única Nacional de Rondas Campesinas del Perú (CUNARC-P) ha avviato una mobilitazione nazionale per chiedere l’approvazione di una “Agenda legislativa dei popoli del Bicentenario”. E i paesi dell’Alba hanno espresso il loro appoggio a Castillo.

Irina Smirnova